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A Compagna > Fotografie > Febbraio 2013

Martedì in Compagna

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Martedì 5 febbraio 2013

Silvia Vicini è intervenuta sul tema: «La chimica per la conservazione dei beni culturali».   Testo dell'intervento

Uno dei problemi fondamentali che lo storico dell’arte deve affrontare nell’analisi di un dipinto è la sua datazione ossia l’attribuzione di una pittura ad un certo periodo storico o addirittura ad un ben determinato autore, individuandone l’autenticità ed escludendo che si tratti di una copia o addirittura di un falso. In fase di restauro, invece, si pone il problema di identificare eventuali ridipinture, che derivano da restauri precedenti, magari mal eseguiti, o da cambiamenti nel gusto che talvolta determinano lo stravolgimento dell’iconografia originale: in ogni caso si hanno apporti all’opera che non sono omogenei con il periodo storico a cui il quadro appartiene o dovrebbe appartenere.
Da alcuni anni il chimico affianca il restauratore e lo storico nello studio delle opere d’arte. La sinergia fra queste tre figure professionali permette, avvalendosi delle analisi tecniche sul dipinto ed in particolare dalle analisi chimiche sui pigmenti e sui leganti, di determinare la natura dei materiali antichi e il loro livello di degrado e di individuare la presenza di sostanze moderne, utilizzando così i componenti delle strato pittorico come preziosi indicatori cronologici. Il chimico pertanto sostiene il restauratore nelle sue delicate operazioni e conforta lo storico dell’arte nelle sue considerazioni, che altrimenti sarebbero basate solo su interpretazioni personali di tipo stilistico e di tecnica pittorica.
Di questo interessante tema ce ne parla Silvia Vicini, ricercatrice presso il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università degli Studi di Genova, studiosa dei materiali polimerici, come consolidanti e protettivi, per manufatti lapidei e cellulosici di interesse storico-artistico e industriale.

Martedì 12 febbraio 2013

Annamaria “Lilla” Mariotti è intervenuta sul tema: «La tonnara di Camogli e la pesca dimenticata nel Golfo Paradiso».   Testo dell'intervento

Quello della tonnara è un sistema di pesca millenario che ha attraversato i secoli e quella di Camogli, vecchia di 400 anni, con sue le antiche tradizioni e rituali, è rimasta l’unica nel Mediterraneo del nord. Altre tonnare nella Riviera di Levante e nel bacino del Mediterraneo sono quasi ormai scomparse. Antica e attuale allo stesso tempo la tonnara, una volta fonte di lavoro e benessere per la comunità locale, viene portata avanti con grande determinazione senza lasciarsi fermare dall’avvento di nuovi sistemi di pesca e di nuove tecnologie. C’è chi considera la tonnara un metodo di pesca cruento, ma non a Camogli, dove non è mai stata effettuata la “mattanza”. Altri metodi di pesca hanno affiancato la tonnara per secoli, alcuni ormai scomparsi, altri portati ancora avanti ma in modo saltuario e con metodi più moderni. Annamaria “Lilla” Mariotti, autrice di libri dedicati al mare e vincitrice di alcuni premi letterari, è considerata la memoria storica della tonnara di Camogli e ce ne presenta la storia e l’evoluzione attraverso i secoli, tramite racconti, aneddoti e immagini.

Martedì 19 febbraio 2013

Maria Torsegno è intervenuta sul tema: «Stemmi dei comuni liguri con riferimenti a fiori e piante».

In estrema sintesi lo stemma è un’insegna simbolica, un elemento grafico che consente di richiamare alla mente una persona, un gruppo sociale, un territorio, ecc. Anche i comuni, oltre alle province e alle regioni, si sono dotati di uno stemma civico che richiama o illustra o esalta particolari specificità del comune stesso.
Maria Torsegno, ligure da generazioni appassionatissima della nostra regione e delle nostre tradizioni, ci presenterà gli stemmi dei comuni di Liguria soffermandosi su quelli più interessanti, e quindi non necessariamente i più grandi, che presentano aneddoti e particolarità e su quelli che nell’etimologia e nell’assonanza del nome rappresentano con precisione il territorio stesso. In particolare illustrerà gli stemmi nei quali si fa riferimento all’esaltazione del paesaggio con iconografie simboliche di carattere vegetale. L’elemento vegetale infatti costituisce una precisa risorsa ambientale a carattere culturale e colturale ed è una sorta di filo conduttore che unisce il territorio alle origini di ognuno.

Martedì 26 febbraio 2013

Roberto Palumbo è intervenuto sul tema: «La strada di Cento Croci. Un viaggio nel tempo tra Emilia e Liguria di levante».   Testo dell'intervento

Gli studi sulla storia della viabilità ligure si sono soprattutto concentrati sulle vicende romane e medievali trascurando la grande stagione settecentesca che ha visto gettare gli embrioni del futuro sviluppo del reticolo viario moderno della regione. Nell'incontro con Roberto Palumbo sulla storia della strada di Cento Croci, si andrà in controtendenza rispetto a questo indirizzo storiografico; difatti, dopo un accurato preambolo sulla storia medievale della strada, saranno approfondite le sue vicende settecentesche, quando i governi della Repubblica di Genova e del Ducato di Parma decisero di costruire un collegamento viario carrozzabile attraverso il valico di Cento Croci, sul quale riponevano grandi speranze per la risoluzione di problemi interni. L'excursus storico si concluderà con l'analisi della definitiva realizzazione della strada avvenuta nel XIX secolo.
Roberto Palumbo, spezzino, si è laureato in Storia presso l’Università di Genova con una tesi su La Strada Reale di Levante nel Ducato di Genova e ha poi approfondito il ruolo delle vie di comunicazione nelle vicende storiche della Liguria. Attualmente è impegnato in ricerche concernenti l'estremo levante ligure durante la grande peste del 1656-7.

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