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Ha presentato l’evento Marcella Rossi Patrone, coordinatrice culturale de Lameladivetro, console de A Compagna e socia di Società Ligure di Storia Patria. Per Lameladivetro, associazione per il dialogo internazionale, sono intervenuti il presidente Franco Andreoni e il vice presidente Pietro Bellantone, impegnati nel confronto tra i popoli per un reciproco e corretto arricchimento culturale, come dimostrano le iniziative intraprese con Svizzera, Tunisia, Perù, Thialandia e Venezuela. (vedi www.lameladivetro.org). Con spunti per nuove conoscenze e parole d’amicizia hanno partecipato il console di Tunisia a Genova S.E. Mondher Marzouk e successivamente S.E. il console generale del Perù Luis Rodomiro Hernández Ortiz. Maurizio Daccà Gran Cancelliere de A Compagna ha sottolineato il senso di appartenenza che può legare i paesi affacciati sul Mediterraneo. Il direttore dell’Eco di Levanto e della Riviera Spezzina, Giudo Ghersi, ha portato i saluti della sua città, patria di Benedetto D’Arrì, un levantese del XVI secolo divenuto reggente di Tunisia.
Se guardiamo la cartina del Mediterraneo troviamo La Liguria esattamente di fronte alla 
Tunisia con isole grandi e piccole sulla rotta che le congiunge. Decisamente appropriato il 
titolo di questo convegno poiché Genova e la Tunisia, naturalmente di fronte e naturalmente 
collegate, oggi desiderano  confrontarsi, paragonare le  conoscenze, rilevare somiglianze e 
differenze.
Lo scorso gennaio presso la Sala Mostre della Biblioteca Berio  artisti genovesi e tunisini 
hanno esposto insieme in una mostra pittorica collettiva, dimostrando una volontà di 
conoscenza seria e concreta per un dialogo culturale serio e concreto. Dall’espressione 
artistica, visibile e immediata, carica d’emozione e sentimento, per questo molto comunicativa, 
siamo passati alla storia.
Studiosi e letterati sono concordi nel definire il Mediterraneo un continuo incontro e 
scontro di popoli e culture e si augurano che il Mediterraneo diventi un  bacino di 
rispetto, pace e prosperità. La storia è il teatro delle passioni umane, positive e 
negative: da sempre è drammatica.
La Repubblica di Genova, dagli albori dell'anno mille fino alle soglie dell'era moderna, 
cercò di garantire ai cittadini una fitta rete di rotte mercantili e di rapporti economici, 
con le armi della diplomazia ma anche con quelle delle galee. I corsari e i pirati ottomani 
per lungo tempo fiaccarono le attività della Repubblica e ne deportarono gli abitanti in 
schiavitù. Nonostante tutto i commerci continuarono.
Le vicende delle grandi potenze si intrecciarono con i casi umani, regolati dall’istinto 
di sopravvivenza e dall’istinto di conoscenza. Nel 1574 la Tunisia, araba e berbera, veniva 
annessa all'Impero Ottomano, che delegava il potere amministrativo ai notabili locali e si 
riservava l'autorità militare. Come ha piacevolmente esposto il ricercatore storico Angelo 
Terenzoni, in questo contesto visse Benedetto D’Arrì di Levanto, poi Ustadh Murad, rapito 
come mozzo dai pirati, diventato armatore, commerciante, notabile e reggente di Tunisi.
Il primo sostanzioso sviluppo del nucleo urbano di Genova si ebbe già tra il IX e l’VIII 
sec. a.C., quando gli intraprendenti commercianti  Fenici, Etruschi e Greci si accorsero 
dell'importanza strategica del porto naturale. Questi “navigatori-commercianti” non 
fondarono una nuova colonia ma si accordano con la popolazione dell’agglomerato per avere 
magazzini di deposito e un sicuro punto di approdo. La vocazione di Genova fu quindi 
subito quella di accogliere gli stranieri creando con essi un sistema di convivenza e 
di commercio.  Già verso la fine del 1200 l’ Anonimo Genovese (tal Luchetto), che è il 
nostro primo poeta in volgare, parlando con un Bresciano ci descrive Genova operosa, piena 
di botteghe ordinate, con ogni genere di merce, affollata da stranieri. Genova è punto 
d’incontro che trae linfa vitale all’incrocio di esperienze e tradizioni diverse.
La cucina è senza dubbio una buona cartina di tornasole per verificare questa affermazione. 
Lo ha magistralmente spiegato Enrico Tournier, sottolineando come la cultura gastronomica 
delle grandi civiltà del bacino Mediterraneo abbia dato vita ad un patrimonio di ricette 
complesso e vitale.
Nel salone delle conferenze della sede de A Compagna, in Piazza Posta Vecchia, vi sono gli 
affreschi di Luca Cambiaso dedicati alla storia di Enea e Didone, figure mitiche di antichi 
e pacifici popoli mediterranei. In particolare Didone, regina di Tiro e fondatrice di 
Cartagine, rappresenta i Fenici e i Cartaginesi, genti antichissime che disponevano solo 
di una striscia stretta di terra fertile lungo la costa per sostenersi, e non potevano 
che guardare verso il mare per sperare in uno sviluppo. Così fu per i Genovesi, che 
diramarono sulle coste dei mari le loro colonie commerciali ed ebbero rapporti con i 
Numidi e con gli Arabi. Le relazioni tra i popoli si manifestano immediatamente nelle 
lingue, un documento inequivocabile dell’arricchimento reciproco. Genova è stata 
inevitabilmente punto di incontro per lo scambio linguistico: il volgare genovese si è 
incrociato con la lingua arabe, come ci hanno spiegato Franco Bampi, presidente de A 
Compagna (vedi www.acompagna.org), e Rim Maatoug, 
la mediatrice culturale che ha inviato un suo scritto. Alcuni esempi?
La parola mandillo (fazzoletto) deriva forse dall’arabo mindil, proveniente dal 
greco tardo mantélion. Darsena deriverrebbe dall’arabo dar-as-sina (casa 
di fabbrica) e Gabibbo da habib, amico, mentre camallo da hammal. L’arabo 
hazana (tesoreria) rimanda a casann-a (Monte di Pietà) e scialla-scialla (evviva) 
a in scia Allah (se Dio vuole).
Dal genovese l’arabo prenderebbe labiz (lapis), sigaru (sigàro), 
tabu (tappo), lamba (lampa), kuatru (quaddro), miseria 
(misëia), marmita (marmitta) e s’lata (insalatta).
Con le premesse di venerdì, Pegli , Carloforte e Tabarca si sono incontrate al Museo Navale di Pegli sabato 14.
Nella splendida cornice del Museo Navale, che emoziona con i quadri delle colonie genovesi 
nel Mediterraneo, con i modelli delle imbarcazioni che lo navigarono, con gli antichi 
documenti di bordo e di cartografia, Andreoni, Bellantone e il console Marzuk, hanno 
rinnovato lo spirito di amicizia collaborativa. Il pittore Agostino Calcagno ha donato 
una vivace tela di paesaggio tunisino al console, in segno di avvenuto legame.
Mauro Avvenente, presidente del municipio Genova Ponente ed Antonio Marani, suo assessore 
alla cultura, con sentimento hanno riconosciuto l’importanza del convegno per costituire 
percorsi e laboratori condivisi.
Uno di questi è il concreto lavoro del preside dell’Istituto d’Arte di Chiavari, Gianfranco 
Spaccini, che ha donato agli ospiti i preziosi manufatti artistici in tessuto e ceramica, 
opera dei suoi alunni. Uno splendido modellino della colonia Fara di Chiavari, andrà proprio 
in Tunisia, come simbolo del prossimo legame tra gli istituti scolastici dei due Paesi a 
confronto, realizzato grazie all’assessore Manuela Cappello, sempre presente nei ringraziamenti 
degli organizzatori.
Opportunamente si sono inseriti gli interventi di Patrizia Congiu, assessore di Carloforte 
e di Antonio Vigo, sindaco di Calasetta, testimoni affettuosi della presenza dei Lomellini 
di Tabarca in Sardegna, ancora legatissimi a Pegli e ambasciatori di progetti condivisibili 
per un Mediterraneo di benessere.
Lungo un arco storico di 468 anni si articolarono le vicende dei Pegliesi, prima a Tabarka, 
poi sull’Isola di San Pietro, in Sardegna.
I nostri antenati di Pegli lasciarono la costa ligure per il nord Africa, incoraggiati 
dalla famiglia Lomellini con la prospettiva di un lavoro centrato sulla pesca del corallo.
La complessa storia di Tabarka è stata esposta con garbo e sapienza dallo storico tabarkino 
Triki Mokhtar, tradotto dal francese in italiano dalla bravissima interprete de Lameladivetro 
Stefania Lo Russo. Alle testimonianze del professore tunisino sono seguite quelle di Luisa 
Piccino, docente di storia presso la nostra facoltà di Economia, autrice del libro 
“Un'impresa fra terra e mare. Giacomo Filippo Durazzo e soci a Tabarca (1719-1729)”, presentato 
per la prima volta in questo incontro.
Agli inizi del 1700, Tabarka contava ben 2.000 unità. L’impoverimento dei banchi di corallo 
e le incursioni dei taglieggiatori del Bey di Tunisi crearono una situazione insostenibile, 
nonostante il lavoro imprenditoriale dei soci genovesi. Dal 1738 i Tabarkini vennero 
autorizzati dal Re di Sardegna Carlo Emanuele III a colonizzare l’isola di S. Pietro nel 
sud-ovest dell’isola. Franco Bampi, intervenuto nel dibattito storico, ha espresso la 
benevola invidia per la conservazione viva del pegliese, ancora parlato a San Pietro.
Ma com’erano questi Lomellini del XVI secolo? Nessuno poteva illustrarlo meglio del gruppo 
Storico pegliese, che ha sfilato in costume e recitato in dialetto.
(clicca sulla fotografia per ingrandirla)
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| Mondher Marzouk, Franco Andreoni, Maurizio Daccà, Marcella Rossi  | 
		Pietro Bellantone | Mondher Marzouk, Luis Rodomiro Hernàndez Ortiz  | 
	
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| Angelo Terenzoni | Enrico Tournier | Franco Bampi | 
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| Franco Andreoni, Antonio Marani, Patrizia Congiu, Pietro Bellantone, Mauro Avvenente, Antonio Vigo  | 
		Mondher Marzouk | 
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| A sin: Mondher Marzouk, Gianfranco Spaccini, Pietro Bellantone  | 
		Triki Mokhtar | 
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