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A Compagna > Fotografie > 13-14 Novembre 2009

Venerdi 13 e sabato 14 Novembre 2009
Sala Borlandi di Palazzo Ducale - Museo Navale di Pegli
Genova e Tunisia in un abbraccio (vedi www.lameladivetro.org)

Confronto e dialogo tra Genova e la Tunisia: dalle idee alle azioni

di Marcella Rossi Patrone

Il Convegno alla Sala Borlandi di Società Ligure di Storia Patria

Ha presentato l’evento Marcella Rossi Patrone, coordinatrice culturale de Lameladivetro, console de A Compagna e socia di Società Ligure di Storia Patria. Per Lameladivetro, associazione per il dialogo internazionale, sono intervenuti il presidente Franco Andreoni e il vice presidente Pietro Bellantone, impegnati nel confronto tra i popoli per un reciproco e corretto arricchimento culturale, come dimostrano le iniziative intraprese con Svizzera, Tunisia, Perù, Thialandia e Venezuela. (vedi www.lameladivetro.org). Con spunti per nuove conoscenze e parole d’amicizia hanno partecipato il console di Tunisia a Genova S.E. Mondher Marzouk e successivamente S.E. il console generale del Perù Luis Rodomiro Hernández Ortiz. Maurizio Daccà Gran Cancelliere de A Compagna ha sottolineato il senso di appartenenza che può legare i paesi affacciati sul Mediterraneo. Il direttore dell’Eco di Levanto e della Riviera Spezzina, Giudo Ghersi, ha portato i saluti della sua città, patria di Benedetto D’Arrì, un levantese del XVI secolo divenuto reggente di Tunisia.

Genova e Tunisia a confronto

Se guardiamo la cartina del Mediterraneo troviamo La Liguria esattamente di fronte alla Tunisia con isole grandi e piccole sulla rotta che le congiunge. Decisamente appropriato il titolo di questo convegno poiché Genova e la Tunisia, naturalmente di fronte e naturalmente collegate, oggi desiderano confrontarsi, paragonare le conoscenze, rilevare somiglianze e differenze.
Lo scorso gennaio presso la Sala Mostre della Biblioteca Berio artisti genovesi e tunisini hanno esposto insieme in una mostra pittorica collettiva, dimostrando una volontà di conoscenza seria e concreta per un dialogo culturale serio e concreto. Dall’espressione artistica, visibile e immediata, carica d’emozione e sentimento, per questo molto comunicativa, siamo passati alla storia.
Studiosi e letterati sono concordi nel definire il Mediterraneo un continuo incontro e scontro di popoli e culture e si augurano che il Mediterraneo diventi un bacino di rispetto, pace e prosperità. La storia è il teatro delle passioni umane, positive e negative: da sempre è drammatica.
La Repubblica di Genova, dagli albori dell'anno mille fino alle soglie dell'era moderna, cercò di garantire ai cittadini una fitta rete di rotte mercantili e di rapporti economici, con le armi della diplomazia ma anche con quelle delle galee. I corsari e i pirati ottomani per lungo tempo fiaccarono le attività della Repubblica e ne deportarono gli abitanti in schiavitù. Nonostante tutto i commerci continuarono.
Le vicende delle grandi potenze si intrecciarono con i casi umani, regolati dall’istinto di sopravvivenza e dall’istinto di conoscenza. Nel 1574 la Tunisia, araba e berbera, veniva annessa all'Impero Ottomano, che delegava il potere amministrativo ai notabili locali e si riservava l'autorità militare. Come ha piacevolmente esposto il ricercatore storico Angelo Terenzoni, in questo contesto visse Benedetto D’Arrì di Levanto, poi Ustadh Murad, rapito come mozzo dai pirati, diventato armatore, commerciante, notabile e reggente di Tunisi.
Il primo sostanzioso sviluppo del nucleo urbano di Genova si ebbe già tra il IX e l’VIII sec. a.C., quando gli intraprendenti commercianti Fenici, Etruschi e Greci si accorsero dell'importanza strategica del porto naturale. Questi “navigatori-commercianti” non fondarono una nuova colonia ma si accordano con la popolazione dell’agglomerato per avere magazzini di deposito e un sicuro punto di approdo. La vocazione di Genova fu quindi subito quella di accogliere gli stranieri creando con essi un sistema di convivenza e di commercio. Già verso la fine del 1200 l’ Anonimo Genovese (tal Luchetto), che è il nostro primo poeta in volgare, parlando con un Bresciano ci descrive Genova operosa, piena di botteghe ordinate, con ogni genere di merce, affollata da stranieri. Genova è punto d’incontro che trae linfa vitale all’incrocio di esperienze e tradizioni diverse.
La cucina è senza dubbio una buona cartina di tornasole per verificare questa affermazione. Lo ha magistralmente spiegato Enrico Tournier, sottolineando come la cultura gastronomica delle grandi civiltà del bacino Mediterraneo abbia dato vita ad un patrimonio di ricette complesso e vitale.
Nel salone delle conferenze della sede de A Compagna, in Piazza Posta Vecchia, vi sono gli affreschi di Luca Cambiaso dedicati alla storia di Enea e Didone, figure mitiche di antichi e pacifici popoli mediterranei. In particolare Didone, regina di Tiro e fondatrice di Cartagine, rappresenta i Fenici e i Cartaginesi, genti antichissime che disponevano solo di una striscia stretta di terra fertile lungo la costa per sostenersi, e non potevano che guardare verso il mare per sperare in uno sviluppo. Così fu per i Genovesi, che diramarono sulle coste dei mari le loro colonie commerciali ed ebbero rapporti con i Numidi e con gli Arabi. Le relazioni tra i popoli si manifestano immediatamente nelle lingue, un documento inequivocabile dell’arricchimento reciproco. Genova è stata inevitabilmente punto di incontro per lo scambio linguistico: il volgare genovese si è incrociato con la lingua arabe, come ci hanno spiegato Franco Bampi, presidente de A Compagna (vedi www.acompagna.org), e Rim Maatoug, la mediatrice culturale che ha inviato un suo scritto. Alcuni esempi?
La parola mandillo (fazzoletto) deriva forse dall’arabo mindil, proveniente dal greco tardo mantélion. Darsena deriverrebbe dall’arabo dar-as-sina (casa di fabbrica) e Gabibbo da habib, amico, mentre camallo da hammal. L’arabo hazana (tesoreria) rimanda a casann-a (Monte di Pietà) e scialla-scialla (evviva) a in scia Allah (se Dio vuole).
Dal genovese l’arabo prenderebbe labiz (lapis), sigaru (sigàro), tabu (tappo), lamba (lampa), kuatru (quaddro), miseria (misëia), marmita (marmitta) e s’lata (insalatta).

Il Convegno al Museo Navale di Pegli

Con le premesse di venerdì, Pegli , Carloforte e Tabarca si sono incontrate al Museo Navale di Pegli sabato 14.

Pegli, Carloforte, Tabarca in un abbraccio storico.

Nella splendida cornice del Museo Navale, che emoziona con i quadri delle colonie genovesi nel Mediterraneo, con i modelli delle imbarcazioni che lo navigarono, con gli antichi documenti di bordo e di cartografia, Andreoni, Bellantone e il console Marzuk, hanno rinnovato lo spirito di amicizia collaborativa. Il pittore Agostino Calcagno ha donato una vivace tela di paesaggio tunisino al console, in segno di avvenuto legame.
Mauro Avvenente, presidente del municipio Genova Ponente ed Antonio Marani, suo assessore alla cultura, con sentimento hanno riconosciuto l’importanza del convegno per costituire percorsi e laboratori condivisi.
Uno di questi è il concreto lavoro del preside dell’Istituto d’Arte di Chiavari, Gianfranco Spaccini, che ha donato agli ospiti i preziosi manufatti artistici in tessuto e ceramica, opera dei suoi alunni. Uno splendido modellino della colonia Fara di Chiavari, andrà proprio in Tunisia, come simbolo del prossimo legame tra gli istituti scolastici dei due Paesi a confronto, realizzato grazie all’assessore Manuela Cappello, sempre presente nei ringraziamenti degli organizzatori.
Opportunamente si sono inseriti gli interventi di Patrizia Congiu, assessore di Carloforte e di Antonio Vigo, sindaco di Calasetta, testimoni affettuosi della presenza dei Lomellini di Tabarca in Sardegna, ancora legatissimi a Pegli e ambasciatori di progetti condivisibili per un Mediterraneo di benessere.
Lungo un arco storico di 468 anni si articolarono le vicende dei Pegliesi, prima a Tabarka, poi sull’Isola di San Pietro, in Sardegna.
I nostri antenati di Pegli lasciarono la costa ligure per il nord Africa, incoraggiati dalla famiglia Lomellini con la prospettiva di un lavoro centrato sulla pesca del corallo.
La complessa storia di Tabarka è stata esposta con garbo e sapienza dallo storico tabarkino Triki Mokhtar, tradotto dal francese in italiano dalla bravissima interprete de Lameladivetro Stefania Lo Russo. Alle testimonianze del professore tunisino sono seguite quelle di Luisa Piccino, docente di storia presso la nostra facoltà di Economia, autrice del libro “Un'impresa fra terra e mare. Giacomo Filippo Durazzo e soci a Tabarca (1719-1729)”, presentato per la prima volta in questo incontro.
Agli inizi del 1700, Tabarka contava ben 2.000 unità. L’impoverimento dei banchi di corallo e le incursioni dei taglieggiatori del Bey di Tunisi crearono una situazione insostenibile, nonostante il lavoro imprenditoriale dei soci genovesi. Dal 1738 i Tabarkini vennero autorizzati dal Re di Sardegna Carlo Emanuele III a colonizzare l’isola di S. Pietro nel sud-ovest dell’isola. Franco Bampi, intervenuto nel dibattito storico, ha espresso la benevola invidia per la conservazione viva del pegliese, ancora parlato a San Pietro.
Ma com’erano questi Lomellini del XVI secolo? Nessuno poteva illustrarlo meglio del gruppo Storico pegliese, che ha sfilato in costume e recitato in dialetto.

(clicca sulla fotografia per ingrandirla)

Venerdì 13 novembre 2009

Mondher Marzouk, Franco Andreoni,
Maurizio Daccà, Marcella Rossi
Pietro Bellantone Mondher Marzouk,
Luis Rodomiro Hernàndez Ortiz

Angelo Terenzoni Enrico Tournier Franco Bampi

Sabato 14 novembre 2009

Franco Andreoni, Antonio Marani, Patrizia Congiu,
Pietro Bellantone, Mauro Avvenente, Antonio Vigo
Mondher Marzouk

A sin: Mondher Marzouk, Gianfranco Spaccini,
Pietro Bellantone
Triki Mokhtar

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